L’artigianato alimentare è sempre più in crescita. I consumatori adesso cercano la qualità, i prodotti di eccellenza e “nostrani”. A registrare in boom di vendite e attenzione è il made in Sicily.

Negli ultimi 12 mesi (dal III trimestre 2017 al II trimestre 2018) l’export di prodotti alimentari e bevande ammonta a 623 milioni di euro. E nei primi sei mesi di quest’anno, la Sicilia è la terza regione italiana per la crescita dell’export di prodotti alimentari e bevande (+12,8%).

Dati importantissimi questi, formiti dall’Osservatorio economico regionale di Confartigianato Imprese Sicilia. che deveno far riflettere e puntare risorse, economiche ed umane sui prodotti di eccellenza nostrani.

Per quanto riguarda l’artigianato alimentare, si stima, in Sicilia per il periodo natalizio una spesa delle famiglie di 1.055 milioni di euro, più alta di 175 milioni rispetto al consumo medio mensile.

Ecco i dati, a livello provinciale, della spesa delle famiglie di prodotti alimentari e bevande di 259 milioni di euro (+43 milioni rispetto al consumo medio mensile) a Palermo, di 225 milioni di euro (+37 milioni rispetto al consumo medio mensile) a Catania, di 144 milioni di euro (+24 milioni rispetto al consumo medio mensile) a Messina, di 91 milioni di euro (+15 mln rispetto al consumo medio mensile) ad Agrigento, di 89 milioni di euro (+15 mln rispetto al consumo mensile) a Trapani, di 86 milioni di euro (+14 mln rispetto al consumo medio mensile) a Siracusa, di 68 milioni di euro (+11 mln rispetto al consumo medio mensile) a Ragusa, di 56 milioni di euro (+9 mln rispetto al consumo medio mensile) a Caltanissetta e di 37 milioni (+6 mln rispetto al consumo medio mensile) a Enna.(dati forniti da Confartogianato Sicilia).

EXPORT FOOD. Negli ultimi 12 mesi (III trimestre 2017-II trimestre 2018) per la Sicilia l’export di prodotti alimentari e bevande vale 623 milioni di euro e si calcola un’esposizione all’export di questi prodotti – data dal rapporto tra il valore delle esportazioni del settore negli ultimi 4 trimestri (III trim. 2017-II trim. 2018) e il valore aggiunto a prezzi correnti – dello 0,80% (valore < al 2,28% medio nazionale).

I primi 10 Paesi di destinazione di prodotti alimentari e bevande realizzati da imprese dislocate sull’isola (73,8% dell’export) – Stati Uniti (14,6%), Germania (14,4%), Francia (10,4%), Giappone (7,0%), Paesi Bassi (6,7%), Regno Unito (4,9%), Spagna (4,5%), Malta (4,3%), Svizzera (4,0%) e Belgio (2,9%) – crescono complessivamente del +9,9%.

Gli aumenti più accentuati si rilevano per Paesi Bassi (+26,1%), Stati Uniti (+15,2%), Germania (+13,4%) e Giappone (+12,6%).

A livello provinciale si osserva l’aumento più alto della domanda estera delle eccellenze del food made in Sicilia a Ragusa (+37,9%), Catania (+18,3%), Agrigento (+16,8%) e a Caltanissetta (+16,8%). Mentre, i territori che mostrano una propensione all’export del settore superiore a quella media regionale (0,80%) sono: Trapani (1,82%), Siracusa (1,48%), Agrigento (1,30%) e Messina (1,23%).

EXPORT DI VINI. Nel 2017 l’Italia è il secondo esportatore di vini di uve nell’Ue dietro la Francia con vendite per 5.990 milioni di euro che sono oltre un terzo di punto di Pil (0,35%) e crescono del 6,4% (era +4,4% del 2016).

Siamo sempre più convinti che il futuro è nell’artigianato – dice Giuseppe Pezzati, presidente regionale di Confartigianato Imprese –. L’impresa artigiana incarna un modello imprenditoriale unico ed insostituibile. Questo è tanto più vero nell’artigianato alimentare dove le macchine non potranno mai rimpiazzare né replicare la manualità, l’ingegno, il saper fare con le mani e la creatività tipiche dell’artigiano. E i dati parlano chiaro, con oltre 10 mila unità impegnate nell’artigianato alimentare in Sicilia e l’Isola che occupa il secondo posto nella classifica nazionale per numero di imprese artigiane del comparto alimentare, dopo la Lombardia. La Sicilia poi, si piazza al terzo posto, nella classifica nazionale delle esportazioni di cibo e bevande. E questi dati sono per noi una grande soddisfazione. Da non sottovalutare inoltre – aggiunge Pezzati – l’importanza della produzione bio, un valore aggiunto anche nella crescita dell’export. Il biologico, infatti, è sempre più richiesto dal mercato estero”.

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