La Clorochina viene utilizzata principalmente nel trattamento degli attacchi acuti di malaria e di altre parassitosi, interferendo sul metabolismo dei parassiti stessi, uccidendoli.
Nei giorni da poco trascorsi alcuni politici hanno parlato di possibile sperimentazione sul farmaco antimalarico contro il coronavirus, anche se la maggior parte dei medici avverte che ad oggi non ci sono prove sulla sua efficacia e mette in guardia contro gli effetti collaterali sui pazienti cardiopatici.
Negli Stati Uniti è stato organizzato un trial ad Oxford che coinvolgerà una sperimentazione su quarantamila soggetti volontari in tutto il mondo tra medici ed infermieri per monitorare se, sottoposti al trattamento, il farmaco riduce i contagi all’interno dei “gruppi cavia” del personale sanitario e per comprendere se l’assunzione dello stesso ha anche un effetto di profilassi: se diminuisce cioè la probabilità di ammalarsi se il farmaco viene assunto precedentemente all’ esposizione al virus.
Le caratteristiche del farmaco che inducono a propendere per una sperimentazione sul virus covid-19 sono duplici: l’effetto antivirale, poiché ostacola l’ingresso del virus nelle cellule dell’organismo, ed il potenziale antinfiammatorio, dato che la polmonite del covid è effetto proprio di una devastante reazione infiammatoria.
Già oggi in alcune corsie italiane dove si combatte il covid-19, la clorochina viene assunta da medici e infermieri nella speranza che prevenga le infezioni o le indebolisca sul nascere, ed anche India e Bangladesh la distribuiscono al personale sanitario sano impegnato nella lotta al coronavirus. Negli Stati Uniti, nonostante la propensione del Presidente Donald Trump, che risulta tra l’altro essere proprietario di un’esigua quota finanziaria dell’azienda produttrice, l’agenzia federale che si occupa delle malattie infettive ha rimosso dal loro sito le indicazioni per la somministrazione di clorochina ai malati di covid, dato che suggerire formalmente un farmaco di cui non si hanno studi randomizzati su un cospicuo campione di pazienti, e prenderlo in seria considerazione solo sulla scorta di alcune evidenze cliniche in vitro, risulta quantomeno inusuale per un ente scientifico.
Il farmaco, che era stato usato anche contro il coronavirus Sars nel 2002-2003, oggi è prodotto in Italia solo da una casa farmaceutica, la Sanofi, mentre l’altro colosso del farmaco la Bayer, si è ritirato dal mercato della produzione di clorochina circa tre mesi fa; le scorte di clorochina iniziano dunque a scarseggiare e la Sanofi ha notificato all’Aifa (agenzia Italiana del farmaco) il rischio concreto di carenza dello stesso, creando notevoli allarmismi da parte dei reumatologi che da tempo curano, con la clorochina, numerose patologie, una su tutte il Lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide ed altre patologie legate ai tessuti connettivi.
Nel frattempo la Casa Bianca si è accaparrata circa trenta milioni di dosi nella sua scorta nazionale con l’intento probabile di trovare nel farmaco l’antidoto con cui affrontare il coronavirus, nell’attesa che si trovi lo sbocco definitivo agli studi che daranno vita al vaccino.
Gli studi in vitro e le evidenze raccolte dai casi clinici forniscono comunque sia un dato positivo dal momento che, aggiungendo clorochina ed idrossiclorochina alle cellule, prima di esporle al virus, si riduce notevolmente la replicazione virale; alla luce di questi dati, parrebbe ragionevole pensare di sperimentare su pazienti positivi con sintomi conclamati e soprattutto sui pazienti positivi ma ancora asintomatici, proprio per prevenire o alleviare l’insorgenza di sintomatologie severe.
I reumatologi, i maggiori prescrittori di queste molecole, confermano che il farmaco è generalmente ben tollerato, con effetti collaterali lievi, in special maniera su soggetti giovani o di media età che non soffrono di patologie oculari o cardiache. Ad ogni modo l’esposizione al farmaco non durerebbe che qualche giorno, proprio per non rischiare le poche controindicazioni dovute ad un utilizzo sicuramente prolungato.
Non resta che attendere conferme cliniche, soprattutto provenienti dal maxi trial in corso in tutto il mondo che dovrebbe fornire considerazioni importanti nel giro di qualche mese.

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